Jakobe Jakstein
Le Virtù Terapeutiche del Cavolo
e altri rimedi naturali
Dallo stress all'influenza,
dal colestorolo al mal di schiena
tanti consigli utili da seguire
e semplici rimedi da praticare
Copyright by Jakobe Jakstein 2009
Presentazione
Un'amica, un'amica di sicuro è colei che ha avuto la bellissima idea di scrivere un libro dove finalmente i rimedi naturali alle malattie non sono strani intrugli con ingredienti pressochè introvabili, quasi sconosciuti e oltremodo costosi, ma piùttosto rimedi facili da preparare, economici e i cui ingredienti fanno parte della nostra cucina quotidiana. Anche il linguaggio usato è volutamente semplice, perché l'autrice di questo libro ha tenuto presente la neccessità di chiarezza e linearità in un mondo che troppo spesso tende a usare paroloni strani per confondere le acque.
Semplicità e chiarezza sono i punti che contraddistinguono il modo di essere di Jakobe Jakstein. Alla base di tutto, una profonda fede costruita nel tempo attraverso le tante e non sempre facili esperienze di vita, accompagnate da un fortissimo desiderio di conoscere, dalla voglia di capire e di approfondire tutti gli aspetti, anche quelli apparentemente più banali di questa nostra esistenza.
Ed è così che Jakobe Jakstein ci appare sempre piena di gioa di vivere, attenta nello svolgimento delle sue molteplici occupazioni: fa parte del coro della sua chiesa; nel paese dove abita ha dato vita a due Club Internet per anziani e ha istituito un circolo per amici dell'orticoltura biologica.
Il rispetto e l'attenzione per l'altrui personalità, da sempre, guidano i suoi rapporti con la gente. Jakobe Jakstein è certamente una donna che ha saputo mettere a frutto tutte le sue esperienze con grande umiltà, per il profondo amore verso la vita e tutte le sue espressioni, e la leggerezza e la trascuratezza sono elementi che sono stati banditi dalla sua personalità.
Precisione e amore per tutto ciò che è bello e craetivo si esprimono con evidenza sia nei particolarissimi quadri che la signora Jakstein crea componendo tanti pezzettini di stoffa di vari colori che a uno a uno cuce con tanta pazienza fino a formare disegni con soggetti di vario tipo e tutti molto belli, sia nel metodo di coltivazione del suo orto, che sottolineano il costante aggancio con Dio.
Avv. Maria Giovanna Anelli
Colloquio tra Maria Giovanna Anelli
e l'autrice del libro.
M.G.A.: Jakobe, mi piacerebbe proprio sapere, com'eri da bambina e in che tipo di famiglia sei cresciuta.
J.J.: La mia infanzia, il mio ambiente familiare, come d'altronde tutta la mia vita, offrono abbastanza materiale per un romanzo intero. Cercherò di risponderti tuttavia nel limite dello stretto neccessario.
Sono nata ad Altona (oggi un quartiere di Amburgo, Germania) da una famiglia borghese. Mio padre, l'ingegnere Werner Jakstein, era capo ingegnere civile e risponsabile per la tutela di monumenti nel comune di Altona e mia madre, Thyra Dohrenburg, cominciava a essere conosciuta come tradutrice di libri scandivani. La mia nascita fu per i miei genitori un vero trauma. Mia madre non si dava pace per aver messo alla luce una bambina così brutta (avevo la faccia piena di brufoli) e mio padre era furibondo che gli fosse nata per la seconda volta una femmina. Aveva desiderato un Jakob per garantire la sopravvivenza del cognome familiare. Come piccola consolazione l'anagrafe di Altona gli concesse, dopo lunghe e accanite lotte, di darmi il nome Jakobe da lui coniato (fino a quel momentol'unica forma femminile autorizzata di Jakob era Jakoba). I miei genitori erano persone di cultura: intelligenti, pieni di spirito e molto difficili. Non era facile convivere con loro, ma di certo non si soffriva mai di noia in questa famiglia. Soprattutto mio padre aveva una personaltà molto originale e creativo: disegnava e dipingeva moltissino; scriveva pure libri sulla tutela di monumenti che oggi hanno un valore storico, collezionava carte da gioco di tutto il mondo, pezzi di antiquariato e illustrazioni particolarmente belli e spiritose, trovate sui giornali. Armato di carta, matite e pennelli faceva molti viaggi attraverso l'Europa e teneva regolarmente conferenze presso la Arbeiterwohlfahrt, un'istituzione dell'assistenza sociale per lavoratori di Amburgo. Molti dei suoi appassionati ascoltatori gli sono rimasti fedeli fino a tarda età. Mia madre si occupava di più dell'ambito spirituale e musicale e mi mandò a lezioni di flauto a sei anni perchè ero l'unica in famiglia che non suonava ancora nessun strumento. Già a quell'età imparai ad amare la musica di Johann Sebastian Bach che negli anni futuri avrebbe avuto per me un grandissimo significato. Ma di questo ti racconterò dopo. Siccome mia sorella, che aveva tre anni più di me, non aveva sempre voglia di giocare con me, cominciai presto ad intraprendere gite esplorative nei dintorni della mia casa. Abitavamo allora in periferia in mezzo a tanto verde vicino all'aperta campagna dove era possibile fare escursioni di ogni genere. In breve tempo conobbi ogni giardino, ogni parco, tutti i prati e ogni boschetto dove mi procuravo tutto ciò che la casa paterna non poteva offrimi. Per esempio le mele rubate, che sono molto più deliziose di quelle comprate dal fruttivendolo! Ma anche le foglie o del trifoglio raccolte sul prato o i piccoli frutti del faggio del boschetto che erano delle squisite merende. Ma quando avevo molta fame e sentivo la voglia di „mangiar fuori“ andavo da Fritz il tassista e mi mettevo vicino a lui nella sua macchina e mangiavo insieme a lui eccellenti panini con dello strutto che gli aveva preparato sua moglie. Oppure andavo a fare una visita ai nostri vicini dove si mangiava un ottimo buddino di semola!
M.G.A.: Sentendoti si ha l'impressione che i tuoi non ti dessero abbastanza da magiare!
J.J.: No, per carità, non morivo di fame, ma ero solo, come diceva mia sorella, una bambina ingorda. Certo è che il mio interesse per i cibi sani e naturali si è svegliato già in tenera età (avevo appena quattro anni quando cominciai a scappare di casa). Siccome mettevo in bocca tutto quello che la natura mi offriva mia madre aveva molta premura di farmi avere delle conoscenze elementari di botanica per non farmi ingoiare dei frutti allettanti ma velenosi. Più tardi, appena fui in grado di leggere, mi regalò un libro di botanica. A sette anni mio padre mi mise a disposizione un fazzoletto di terra nel giardino dove potevo seminare e raccogliere le mie prime verdure. Da questa esperienza di ortolana scaturì una passione per i lavori della terra che non mi ha più lasciato ma che tuttavia ho potuto soddisfare solo in alcuni periodi della mia vita. Per questo motivo, dopo la separazione da mio marito avvenuta negli anni '80' a settant'anni mi sono trasferita di nuovo in Germania, dove ho trovato in un piccolo paese un alloggio con un orto tutto mio da coltivare. Quando avevo circa dieci anni, pensando di dover l'utile al dilettevole, tentai di guadagnare soldi con i prodotti della natura. Andai a raccogliere fiori nei boschi e nei prati per offrirli sul bordo della strada alle macchine che passavano. O ancora: cercai bacche e funghi per venderli al fruttivendolo. Però dopo qualche tempo, vedendo che tutta la mia diligenza non veniva mai premiata che con piccole monete, tentai la mia fortuna da un agricoltore come lavoratrice agricola pulendo i campi dalle erbacce. Sfortunatamente anche questo lavoro non era retribuito con grande generosità. Penso che sia stata questa esperienza poco soddisfacente dal lato materiale a porre la prima per la mia futura concezione sociale; Da quel momento i miei sentimenti, la mia comprensione e compassione si rivolsero principalmente alle persone semplici che erano costrette a pesanti fatiche. Mi sentivo particolarmente attratta da loro e dalla loro vita. Addiritura arrivai a rinnegare (con grande dispiacere die miei genitori) i valori culturali che mi erano stati trasmessi dalla educazione ricevuta e a non accettare, anzi quasi a disprezzare le persone che facevano di tutto per insegnarmi questi valori. Forse perchè avevano così poca voglia di sporcarsi le mani! Così avvenne che dai dodici anni in poi trascorsi ogni estate da un contadino dove imparai a svolgere ogni tipo di lavoro agricolo. Mi alzavo tutte le mattine alle quattro per mungere le vacche al pascolo, imparai a cavalcare e costudire i cavalli, a tredici anni sapevo adoperare quasi tutte le macchine per i lavori sui campi, portavo a casa insieme al contadino il raccolto di fieno, grano e patate, pulivo le bestie e le stalle e a quindici anni sapevo anche erpicare e arare.
Il resto dell'anno sopportavo a stento la scuola e la vita in città in genere a causa della guerra e la mia anima infantile aveva un bel daffare a dare ancora un senso alla vita. Per tener testa alle tante avversità della guerra mi rifugiai nel mondo della musica e in quella di Mozart e Bach in particolare, perchè solo nelle loro opere trovavo tutta la forza e la speranza che le persone non riuscivano a darmi. Nella musica di questi due grandi maestri si rivelò il divino come compenso sublime per l'educazione religiosa che mi era stata negata. Quando sentivo l'esigenza di pregare mi mettevo a cantare die canti religiosi.
M.G.A.: Che cosa ti ha indotto a scrivere oggi un libro sulle cure con il cavolo e altri mezzi naturali? Anche queste esperienze hanno origine nella tua infanzia?
J.J.: In un certo senso sì. Già da piccola rifiutavo di prendere le medicine di sintesi che mi venivano ordinate dal nostro vecchio, fidato medico di casa. Piangevo disperatamente e sputtavo tutto quello che mi veniva messo in bocca. La mia famiglia era convinta che si trattasse di pura isterìa, ma il vero motivo era che secondo me mi volevano avvelenare! Credevo capace di un atto così vile persino mia madre; altrimenti, per quale motivo insisteva anche lei per farmi prendere sostanze chimiche? Già allora per me tuttom ciò che non aveva creato il buon Dio era veleno. Soltanto quando il dottore, esaurita la sua arte di persuasione, passava a un trattamento naturale, ero disposta a capitolare, felice che ancora una volta fosse stato allontanato l'amaro calice da me. Col passar degli anni mia madre si convinse che era meglio optare per l'omeopatìa e riuscì a tranquillizzarmi sull'innocuità di questo metodo.
Diventata adulta, nella mia vita entrarono altri interessi ed esigenze e il legame con la natura sprofondò in un angolo buio del mio essere. È vero che ogni tanto in certe situazioni si risvegliava, senza però avere un posto fisso nella mia realtà quotidiana. Solo quando a 35 anni mi trasferì in Italia insieme ai miei figli ancora piccoli per liberarmi da situazioni difficili e mi trovai, ormai priva di ogni sicurezza, a dover affrontare da sola tutti i problemi della vita, fu il bisogno a portarmi ad assumermi la piena risponsabilità per la nostra salute perchè non avevamo né la mutua né i soldi per pagare un dottore. Ricordai solo allora che possedevo „quel libricino di Camille Droz“ che di certo poteva darmi l'aiuto neccessario per curarci. Col tempo passai anche ad altri metodi naturali e soprattutto mi convinsi dell'effetto terapeutico di un'alimentazione sana ed equilibrata come base per una buona salute.
M.G.A.: Allora secondo le tue esperienze personali sei arrivata alla convinzione che si possa guarire ogni tipo di malattia solo con rimedi naturali e una sana alimentazione o ha importanza anche il fattore psichico?
J.J.: Oserei dire: la più grande. Già il grande medico tedesco Paracelso disse 500 anni fa:“La ragione della guarigione è l'amore“ e molti ricercatori moderni sono arrivati alla stessa conclusione. Questo però l'ho capito solo dopo molti anni. Oggi sono certa che uno spirito positivo di fronte alla vita e agli uomini sia la più grande garanzia per una vita piena di salute. Se una tale mentalità non ci è stata regalata dalla natura o l'abbiamo persa con il passar degli anni, è bene far di tutto per riacquistarla. Infatti i rimedi curativi sono solo sostegno mentre il vero medico sta dentro di noi.
M.G.A.: Come si impara ad avere un atteggiamento simile?
J.J.: Oggigiorno vengono offerti tanti metodi, per gestire da soli la propria salute. Io personalmente ho avuto la fortuna di incontrare una persona molto particolare: il signor Leo Amici di Civitavecchia, che mi ha insegnato ad avere una vera fede in Dio.
Grazie a questa fede ho saputo cambiare la mia vita, mettendovi ordine e portando al positivo tutta me stessa. Contemporaneamente questa mia religiosità mi ha portato a una sempre più profonda consapevolezza di tutto il mio essere, anima e corpo. L'una dipende dall'altro e tutti e sono legati a Dio. Ad esempio, non posso dire di adorare e amare Dio, se trascuro o detesto me stessa. Per me non ha senso.
M.G.A.: Se la singola persona è capace di prendere in mano la propria esistenza, questa „ricetta“ dovrebbe essere valida per tutta l'umanità. Ma, come vediamo, essa si avvicina sempre di più al precipizio. Secondo te questo mondo ha ancora qualche speranza?
J.J.: Duemila anni fa al mondo è stato il percursore di un futuro luminoso e sicuro ma purtroppo l'uomo tende a vivere nel comodo non capendo che, comportandosi così, ostacola la sua felicità. Io sono cristiana e cerco di impostare la mia vita secondo i valori cristiani. Più siamo a pensarla così e a mettere in pratica questi valori, più probabilità abbiamo di raggiungere la pace e la pienezza per tutti.
Da quando organizzo la mia vita secondo questi criteri, non solo vivo in pace e armonia con tutti, ma sento che dal mio interno si sprigionano energie e capacità sempre nuove che prima neanche immaginavo. È così che a cinquant'anni ho cominciato a fare quadri di stoffa, a sessanta a scrivere e a quasi settanta ho scoperto il fascino del computer e del mondo di Internet. Quest'ultima conquista mi permette ora all'età di 76 anni, di collegarmi con tutto il mondo, parlando con persone di tutte le età die due temi che più mi stanno al cuore: la medicina naturale e la mia fede.
M.G.A.: Quando parli die valori cristiani pensi a qualcuno di questi in particolare?
J.J.: Sì. Al primo posto ho messo il senso della responsabilità, perchè in esso sono contenuti praticamente tutti gli altri valori o ne sono una conseguenza. Una responsabiltà sempre vigile mi trattiene per esempio dal danneggiare qualcuno – questo vale per le singole persone come per tutta la comunità – induce la madre a educare bene i figli, dando a loro ogni possibile amore; ci impedisce di essere ingiusti e di sfruttare il prossimo, e ci sollecita di continuo a essere disponibili verso gli altri e le loro preoccupqazioni. Sentirsi responsabili verso tutte le cose, anche le più spicciole, significa però lavorare sul proprio carattere, riconoscere i propri errori e le proprie debolezze e scartarli per fare posto alla qualità. Tutto questo richiede una notevole autodisciplina, ma fa di noi persone libere e ben saldate in ogni situazione ed età della nostra vita.
M.G.A.: Curandosi da soli non si corrono dei pericoli?
J.J.: Questo libro non vuole essere un invito a buttare via le medicine o a rinunciare a farsi visitare da un medico in uno slancio di entusiasmo e di leggerezza, ma vuole essere d'aiuto e di stimolo per tutti coloro che vogliono rispettare le leggi della natura che con meravigliosa generosità ci offre tutto per salvaguardare la nostra vita.
Prefazione
„La ragione della guarigione è l'amore.
Paracelso
Ho scritto questo libro per rendere accessibile al maggior numero di persone possibile le mie straordinarie esperienze fatte con la medicina naturale e quelle con il cavolo in particolare.
Erano state l'indigenza e l'intolleranza ai farmaci di origine sintetica che mi avevano costretta, in un paese straniero dove ancora non avevo acquisito i diritti civili, ad assumermi la responsabilità die problemi di salute miei e die miei figli ancora piccoli. Li ha risolto tutti, seguendo i consigli di un piccolo libro, „Die wunderbare Heilkraft des Kohlblattes“ (La meravigliosa forza curativa della foglia di cavolo), der botanico svizzero Camille Droz, osservando i processi di guarigione, traendone le mie conclusioni e, dopo ogni buon esito, rivolgendomi con tanta gratitudinen al cielo.
Ma tutto era cominciato con una guarigione a dir poco miracolosa, alla quale alcuni anni prima avevo potuto assistere in Svizzera. A quei tempi abitavo ancora con la mia famiglia nella stessa città dove da sempre vivevano i miei suoceri.
Mio suocero, dopo aver subito due interventi molto delicati allo stomaco, era stato dimesso dall'ospedale per poter morire in pace a casa sua. Non gli erano più stati somministrati die farmaci perchè, così diceva il medico, il suo corpo non li tollerava più. Fu allora che mia suocera mi fece vedere il libricino al quale ho accennato poc'anzi, che le era stato lasciato in eridità da una vecchia zia.
„Jakobe“ mi disse, „cosa ne pensi, vogliamo provare a fare degli impacchi con i cavoli al nonno?“ „Chiediamo prima al vostro medico di famiglia cosa ne pensa“ le risposi.
Il vecchio dottor E. Annui, pieno di compassione, e semplicemente ci disse: „Tanto, non potete sbagliare più nulla“!
Giorno e notte mettemmo al malato foglie di cavoli sulla pancia intorno ai numerosi tubi che uscivano dalla sua grande ferita. Dopo un mese questa si era chiusa, l'infermo si poteva alzare, aveva un buon appetito e un viso colorito. L'anziano medico non credeva ai propri occhi e non trovò nessuna spiegazione per questo straordinario cambiamento:“Qui siamo di fronte a un miracolo!“ disse soltanto.
Mqa forse il miracolo più grande fu che mio suocero visse altri 15 anni in buona salute, senza mai avere alcuna ricaduta. La sua morte avvenne all'improvviso per un'apoplessia cerebrale.
Osservando attentamente il processo di guarigione arrivai a questa conclusione: dietro la palla di un modesto, umile cavolo si nascondeva una grande verità, che voleva essere scoperta. C'era Qualcuno che con dolce premura mi stava aiutando a ritrovare la salute, migliorando notevolmente la qualità della mia vita. Allora mi chiesi se la cura con il cavolo non avrebbe potuto essere la soluzione per tanta gente che non si poteva permettere altre cure o per altri motivi – per esempio geografici – non poteva accedere a esse.
Cominciai a farmi tante domande, scontate forse, ma di certo umane e sempre attuali: perchè ci ammaliamo? Perchè esiste tanta sofferenza nel mondo, e poi chi siamo, perchè viviamo?
Se tutto era solo il risultato di un caso, un capriccio della natura, allora anche la malattia e la guarigione erano senza scopo e senza significato.
Ma le cose non stavano così, personalmente ne ero certa.
Se quindi esisteva una causa precisa per la malattia, allora ci doveva essere anche un motivo per tutte le nostre sofferenze e per la nostra vita in genere.
Cominciai allora a divorare testi filosofici, religiosi ed esoterici ma passarono molti anni prima che ricevessi delle risposte inconfutabili.
Fu il signor Leo Amici di Civitavecchia che finalmente appagò la mia sete di conoscere, mettendo ordine e chiarezza nella mia ricerca spirituale. Grazie a lui, al suo costante esempio di vita cristiana, ritrovai il mio più grande amico d'infanzia: Gesù e, a 67 anni di età, decisi di convertirmi alla religione cattolica. Ed è per questo che voglio dedicare con immensa gratitudine questo libro alla memoria di Leo amici.
Jakobe Jakstein
Il mio incontro con il Maestro Leo Amici
Ho conosciuto il signor Leo Amici nel maggio del 1978 a Cattolica, una cittadina sul mare Adriatico. A quei tempi abitavo insieme con mio marito in campagna vicino a San Marino, la piccola repubblica che dista circa 40 km da Cattolica, dove noi conducevamo una modesta azienda agricola. Una volta alla settimana portavo i nostri prodotti biologici a Cattolica fornendo tra l'altro un negozio di alimentazione naturale, che era gestito da due giovani, Anna e Tommaso. Un venerdì, quando come al solito consegnai la mia merce ad Anna, essa mi disse: „Ma tu hai un aspetto sofferente! Cosa ti succede?“ Allora le raccontai che mi sentivo sfinita, sia fisicamente che psichicamente e che non riuscivo a trovare una via d'uscita da questa situazione. Mio marito non poteva più svolgere nessun lavoro pesante a causa di un male alla schiena per il quale avrebbe dovuto sottoporsi a un'operazione ed era impossibile trovare qualcuno che lo potesse sostituire sui campi. Ormai eravamo pieni di debiti, ma tutti i nostri tentativi di trovare un compratore per la nostra terra erano stati vani. Inoltre instistenti piogge avevano provocato una tale erosione del terreno, che la nostra casa era minacciata da un imminente crollo, così che le autorità locali ci volevano evacuare con la forza.
Ci sentivamo abbandonati da tutti, perchè nessun ente o istituzione voleva assumersi qualsiasi resposabilità.
Anna, dopo avermi ascoltato con attenzione, mi disse: „Domani arriva da Civitavecchia il Maestro Leo Amici in visita a Cattolica. Dovresti raccontare a lui la vostra storia. Ha già aiutato tantissima gente. Lui riceve chiunque abbia bisogno o comunque voglia conoscerlo“. Io le domandai cosa avrebbe chiesto in cambio, ma Anna rispose: „Leo Amici non accetta niente e alla domanda in proposito è solito rispondere „Dai al tuo prossimo, così avrai dato a me“.
Dopo quello che avevo sentito ero proprio curiosa di conoscere quest'uomo strano e riuscì persino a convincere mio marito a ritornare a Cattolica il giorno dopo.
L'incontro con Leo Amici avvenne di sera nel garage di una casa privata, Quando arrivammo noi erano già presenti circa 70 persone che a malapena entravano nel locale piuttosto piccolo. Alcuni erano seduti su semplici panche di legno ma la maggior parte stava in piedi. Vicino alla parete di fronte del garage c'erano alcune sedie. Nel centro era seduto un uomo di mezza età vestito tutto di nero, ai suoi lati stavano sedute alcune persone più giovani che io ritenevo fossero i suoi accompagnatori.
Tommaso, che ci aveva visto entrare, ci spiegò che il Maestro era spesso in viaggio e invitava chiunque lo desiderasse a seguirlo. Solo Maria Di Gregorio, una giovane donna il cui comportamento pieno di grazia e nobiltà mi avevano subito colpita in modo particolare, era l'accompagnatrice abituale del Maestro.
Tommaso ci invitò di andare a salutare il Maestro e ci fece strada tra la folla. Mi costò parecchio spingermi in questo modo in mezzo alla gente essendo una persona timida e riservata, ma finalmente anch'io arrivai davanti a colui che tutti chiamavano il Maestro.
I primi particolari che mi colpirono di lui erano il suo abbigliamento semplice e sportivo, tutto in nero, una grande croce d'oro sul petto, un viso marcato dalla carnagione scura (Anna mi aveva detto che Leo Amici si manteneva raccogliendo e vendendo i pomodori), il suo sguardo calmo e fermo, ma anche la Gauloise che teneva tra le dita. Il Maestro mi strinse la mano chinandosi un po' in avanti e a bassa voce mi chiese: „Cosa posso fare per te? Dimmi!“
Per la prima volta in vita mia sentivo parole del genere e per di più da una persona a me completamente sconosciuta!
Ero scossa nel profondo dell'anima perchè all'improvviso mi resi conto cos'era che da sempre mi era mancato: una bontà disinteressata, vera! Dalla prima infanzia avevo conosciuto solo pretese nei miei confronti e più facevo e più dovevo dare.
Ero troppo sconvolta per poter o voler dire qualcosa. Ma siccome il Maestro sembrava aspettarsi una mia risposta, replicai anch'io con una frase sola: „Siamo in crisi“. Il Maestro annuì con un sorriso, ci consigliò die massaggi e una bevanda a base di lattuga che dovevamo bere al mattino raccomandandoci di fare il segno della croce prima di alzarci dicendo una preghiera. Dopo che ebbe salutato anche mio marito, lo ringraziammo e ci sedemmo su una delle ultime panche dove qualcuno gentilmente ci aveva fatto posto.
Veramente avevo intenzione di andare a casa subito perchè avevo la febbre e male alle ossa e dovevo alzarmi alle cinque del mattino e in campagna mi aspettava una giornata piena di lavoro. Ma in quel garage si respirava un'atmosfera di pace come non avevo mai conosciuto prima e che mi faceva stare miravigliosamente bene. Malgrado la presenza di tantissima gente di ogni età e ceto sociale – e cerano anche bambini piccolissimi – regnava un silenzio assoluto e grande attenzione, mentre Maria leggeva alcuni scritti e descrizioni di viaggi precedenti. Tra me e me pensavo: „Quest'uomo deve essere qualcosa di speciale visto che è capace solo con la sua presenza di tenere buoni e silenziosi 70 italiani per tutta una serata!“
Più tardi si fecero molte domande al Maestro. Si parlò di argomenti strettamente personali, di questioni di vita in generale, ma si affrontarono anche temi culturali, religiosi e scientifici. Le sue risposte erano sempre chiare, semplici e di una logica sbalorditiva. La sua sapienza sembrava inesauribile, la sua pazienza instancabile.
Verso l'una di notte finalmente mio marito e io andammo a casa e io ero convinta ch non mi sarei svegliata di buon'ora e tanto meno che mi sarei potuta alzare, con l'influenza che avevo. Invece alle cinque in punto ero sveglia, senza febbre o dolori, mi sentivo riposata, piena di energia e di voglia di fare. E tutto questo dopo un sonno tutt'altro che tranquillo!
Per mesi seguimmo rigorosamente le istruzioni dateci al Maestro o per meglio dire, io seguivo anche quelle per mio marito, visto che lui non ne volle sapere niente.
Ciononostante potemmo constatare un continuo miglioramento della sua salute e dopo quattro mesi era completamente guarito e in grado di riprendere il suo lavoro, anche il più pesante, come prima. Non ha mai più avuto una ricaduta!
Ma anche per me tutto era cambiato di colpo. Già il primo giorno mi sentiì liberata da un enorme peso: l'angoscia. Solo ora mi rendevo conto che essa mi aveva dominata per tutta la vita sin dall'infanzia ma, non avendo la forza di vincerla, l'avevo sempre repressa. Ora mi sentivo come rinata e cominciò una nuova vita. Dopo aver potuto risolvere molti dei nostri problemi più grossi, cominciai a concretizzare alcuni sogni custoditi da sempre e a realizzare finalmente me stessa.
Dopo il mio primo incontro con Leo Amici ho mantenuto i contatti con lui e ho potuto riconoscere in lui un vero „Maestro di vita“.
Nell'anno 1982 Leo Amici fondò il „Piccolo Paese del Lago“ a Monte Colombo, un centro per la salute globale dell'uomo, la cultura e la socializzazione.
Leo Amici morì il 16 aprile 1986, ma la signora Maria Di Gregorio, anche lei recentemente scomparsa (l'11/06/2002), e Carlo Tedeschi, un giovane pittore e scrittore. Hanno completato la sua opera seguendo le istruzioni e i piani disegnati dal Maestro. Tutto il centro fu costruito e finanziato da giovani volontari e dalle loro famiglie.
Volere = Potere
A ogni nascita segue la crescita
Al primo incontro con Leo Amici e alla magnifica sensazione di trovarmi a un bivio, a un nuovo inizio, seguirono giorni, settimane e addirittura anni di ricerca e di crescita.
Cercavo tanto la calma interiore, la pace e la realizzazione di me stessa ma soprattutto la possibilità di poter un giorno vivere in armonia con la gente. A ogni costo desideravo salvare il mio matrimonio ormai completamente fallito e imparare ad accettare il prossimo così com'è, senza guardare se mi ama o no. I primi grossi cambiamenti avvenuti dopo aver conosciuto il Maestro mi diedero il neccessario coraggio per andarlo a trovare di nuovo. Questa volta gli feci delle domande specifiche: „Maestro, cosa devo fare per salvare il mio matrimonio?“.
Il Maestro rispose:
„Devi cambiare te stessa. Solo se ti pulisci dentro puoi anche pulire intorno a te“.
„Ho sempre provato a cambiare ma non ci sono mai riuscita“.
„Devi cambiare dal 'nero al bianco' scartando i tuoi punti deboli, uno dopo l'altro estrirpandoli alla radice. Contemporaneamente bisogna riconoscere e sviluppare le proprie qualtà“.
„Temo che non ce la farò da sola“.
„Devi solo volerlo, perchè volere significa potere. La volontà è come un muscolo che deve essere allenato“.
„Ma nella mia testa frullano tanti pensieri che mi impediscono di concentrami su un particolare“.
„È il male, la materia negativa (anche i pensieri sono materia) che si infila nella tua personalità. Se riconosci il negativo come tale lo puoi rendere innocuo con la tua volontà di bene e ridurlo in polvere, allontanarlo da te e sostituirlo con il bene, cioè la materia positiva“.
Con queste poche parole il Maestro mi aveva dato un intero programma di vita. Ora dovevo cominciare a salire gradino per gradino, acquistando giorno dopo giorno in conoscenza, forza e stima di me stessa. Si doveva gettare via tutta la zavorra nociva come l'egoismo,la comoditä, l'intolleranza, la mancanza di comprensione e di pazienza ecc. per fare posto alle cose e piene di valore che stavano lì ad aspettare, non solo perchè li vedessi, ma perchè venissero da me curate, usate e svillupate.
La via per trovare me stessa era distesa davanti a me come una vecchia, sassosa strada di campagna nella nebbia, piena di buche e pozzanghere. La meta da raggiungere ancora non si distingueva bene, ma come una foto ingiallita di tempi passati, portavo sempre la sua immagine con me che per niente al mondo volli più smarrire o addiritura perdere.
Le mie angosce, sensi di colpa e complessi li lasciavo tutti dietro me nella nebbia come vecchi stracci che decisi di non indossare mai più. Un pò alla volta la nebbia si alzò e intorno a me si cominciò a vedere il sole e l'aria si fece più fine. Davanti a me si fece sempre più nitida la mia meta – il mio vero Io. Da allora esso continua, a volte sollevandomi a volte rimproverandomi, a farmi segno di avvicinarmi a lui senza stancarmi mai e senza guardarmi indietro.
Negli anni successivi ho incontrato ancora molte volte il sig. Amici, ma domande personali non gliene ho più rivolte. Mi aveva già dato tutto quello che mi serviva per diventare una persona vera, autentica, spianando così la strada verso l'amore divino che abbraccia tutto.
Una chiacchierata con Mimmo Carboni, guaritore
Parlando a un'amica della mia intenzione di scerivere questo libro, essa mi propose di andare a trovare Mimmo. Varrebbe la pena, mi disse, di conoscere quest'ottantenne che per cinquant'anni ha curato tanta gente usando il cavolo e le erbe e che aveva fatto per diversi anni ogni settimana una trasmissione sulle cure naturali su una radio privata. Ormai per ragioni di età si era ritirato ma una nostra visita gli avrebbe senz'altro fatto piacere.
Così un pomerigio di una bella domenica d'estate Maria Giovanna e io, munite di un piccolo registratore, andammo a Fano ad intervistare Mimmo.
Non era un'impresa facile perchè il nostro interlocutore, un uomo vispo e allegro, aveva più voglia di scherzare che di parlare di cose serie. Invece di rivelarci qualche suo segreto, era più in vena di raccontare barzellette e soprattutto di parlare d'amore. Ed ogni volta che cercavamo di approfondire un'argomento, Mimmo ripiegava sui suoi temi preferiti. Ciononostante voglio farvi partecipi del nostro colloquio.
J.J.: Come mai ha cominciato a curare con il cavolo?
M.C.: L'ho imparato dagli animali. Quando ero giovane, avevo un allevamento di conigli d'angora. Ogni tanto le bestioline si ammalavano. Alcuni guarivano ma molti purtroppo morivano. Così chiesi un consiglio al mio vicino di casa, un contadino che aveva i conigli anche lui. „Tu come fai, quando si ammalano gli animali?“ gli chiesi. „Li lascio liberi“, mi rispondeva lui. „E guariscono?“ „Sì, tutti o quasi“ fu la sua risposta. Allora ho cominciato anch'io a lasciarli in libertà, ma li ho seguiti per vedere cosa mangiavano. Allora ho constatato che si sceglievano le erbe secondo le malattie che avevano. Le bestie sono creature veramente intelligenti!
J.J.: Anche la conoscenza sulle proprietà terapeutiche del cavolo deriva da questi studi?
M.C.: Sì. Vede, in questo libro del dott. Valnet sono elencate le più varie malattie che si possono guarire con i cavoli: ferite, ulcere, piaghe, anche le più gravi. Ulcere alle gambe, scottature, infiammazioni, foruncoli, nevralgie reumatiche, sciatica, lombaggine, emorroidi, emicranie, cefalee, disturbi gastrointestinali, affezioni pleuropolmonari e epatiche, tumori e affezioni vascolari.
J.J.: Si dice che lei nel tempo ha guarito innumerevoli persone. Ha curato anche se stesso e la sua famiglia?
M.C.: Certo. Mia moglie non andava mai dal dottore, perchè aveva me cha la curavo. Invece io e i miei figli non avevamo mai bisogno di niente. Godevamo di un'ottima salute. Infatti non ho mai incontrato un medico. Cioè, uno sì, mio nipote che è dottore. Tante volte viene da me per chiedere die consigli. Io ho fiducia nelle cure naturali, perchè in cinquant'anni ho visto tante guarigioni.
J.J.: In che modo usava i cavoli?
M.C.: Prendevo tante foglie quante il singolo caso richiedeva e le ammorbidivo con un ferro da stiro caldo. Poi le mettevo sulla parte malata, le fasciavo bene e le facevo tenere tutta la notte.
J.J.: E che tipi di cavolo adoperava?
M.C.: Tutti, tutti i tipi vanno bene.
J.J.: Ma non in tutti i casi si possono fare degli impacchi. Come curava per esempio la pelle del viso?
M.C.: In quei casi applicavo il succo fresco che distribuivo con un po' di ovatta sul viso.
J.J.: L'attività del guaritore è diventata la sua professione o la esercitava nel tempo libero?
M.C.: Ho lavorato sempre come direttore tecnico in uno stabilimento di conigli d'angora. Per i miei consigli e le cure non ho mai preso soldi. Tanti mettevano qualcosa sul tavolo e fuggivano, ma io gli correvo dietro per ridaglieli. Io non voglio niente, non ho bisogno di niente. Avevo die clienti miliardari a cui chiedevo se erano felici. Mi dicevano tutti di no. Io invece sono sempre stato inammorato dell'amore. È così bello essere amato ma ancora più bello è amare.
J.J.: Qual'è la sua ricetta per non ammalarsi mai?
M.C.: Essere sempre allegri, amare la vita e gli altri.
J.J.: Ha seguito un'alimentazione particolare?
M.C.: Ho sempre mangiato poco e cibi semplici. Carne per esempio non ne mangio quasi mai, non mi va.
J.J.: Si è trovato qualche volta in difficoltà con le autorità a causa della sua attività di guaritore?
M.C.: No, mai. Venivano anche loro a chiedere aiuto, persino medici e preti.
J.J.: È un uomo di fede?
M.C.: Credo in Dio, sì, da sempre. Credo che Lui sia in noi come noi in Lui. Sento sempre la sua presenza. Credo in un Dio buono e meraviglioso. Il sole e la natura mi convincono ogni giorno del Suo amore per noi.
Santa Ildegarda di Bingen
„La malattia non è un peso, ma la possibilità di cambiare vita,
di liberarsi dai vizi e di diventare un uomo nuovo“.
Santa Ildegarda di Bingen
Ildegarda di Bingen, la badessa di Rupertsberg (Germania), visse nel XII secolo ed è entrata nella storia come una grande „vegente“.
L'esigenza primaria di tutta la sua vita fu quella di dedicarsi al prossimo con amore. Dotata di numerosi talenti, tra cui spiccava una particolare predisposizione alla musica, non si volle mai considerare una persona di grande cultura.
La sua vita fu improntata all'osservanza della regola di San Benedetto e specificamente a quelle dell'umiltà e dell'obbedienza.
Da questo suo modo di vivere le dervò una grande forza e fermezza di carattere ma la sua più grande virtù fu la capacità di discernere tra ciò che è essenziale e ciò che è di scarsa rilevanza e trovare in tutto la „giusta misura“.
Nel corso di una vita caratterizzata, fin dalla più tenera età, dalle malattie e dalla sofferenza, la sua ricerca personale fu sempre rivolta alla perfezione dell'anima.
Affidata da bambina(probabilmente proprio in considerazione delle sue „particolarità“) alla maestra Jutta, reverenda madre del convento di benedettine di cui entrò poi a far parte prendendo i voti intorno ai 15 anni, ne divenne la naturale erede per volontà delle altre suore che alla morte di Jutta la elessero come madre superiora.
Solo a 42 anni e dietro preciso „ordine divino“ iniziò a scrivere sulle sue „visioni“!
La sua prima opera fu Sci vias (Conosci le vie), a cui seguirono il Liber divinorum operum (Libro delle opere divine) e il Liber vitae meritorum (Libro dei meriti della vita). Più tardi scrisse anche i due trattati per cui la citiamo, Physica e Causae et curae. I suoi testi, nel corso die secoli, caddero un po' nel dimenticatoio venendo riscoperti solo verso la fine del ventesimo secolo. Da quel momento la sua fama siè estesa per tutta l'Europa.
Nel libro Physica ella spiega il,rapporto tra il microcosmo e il macrocosmo e l'importanza dell'obbedienza dell'uomo (microcosmo) alle leggi della „natura“ (macrocosmo).
Secondo Ildegarda è dentro l'uomo che si svolge la lotta tra il bene e il male e quest'ultimo esiste per metterlo alla prova. Sta all'uomo riconoscerlo e scegliere piuttosto la via del bene. Ildegarda di Bingen non divide il visibile dall'invisibile, poiché ritiene che il mondo visibile sia comprensibile solo grazie al mondo invisibile da cui trae origine e significato.
Quando nel suo trattato Causae et curae parla delle cure naturali estende il suo concetto di stretta dipendenza tra micro e macrocosmo e per spiegare meglio il legame tra gli elementi della natura e le forze dell'uomo, dice che l'uomo stesso è natura e se ne differenzio solo perchè dotato di „coscienza“. Nella natura l'uomo trova l'equilibrio, la forza e la cura per tutte le malattie.
Nei libri di Santa Ildegarda, i consigli terapeutici sono soprattutto di carattere preventivo e in tale direzione viene data fondamentale importanza a un'alimentazione appropriata che sta alla base di tutte le cure e da cui deriva l'acquisizione di tutte le sostanze energetiche e di tutto il materiale per costruire le cellule. Tra gli alimenti il farro è per Ildegarda quello basilare per uno stile sano. Ma mangiare il farro e nutrirsi in modo appropriato certamente non basta se la propria vita non è equilibrata ed è adagiata nelle „comodità“ che distruggono l'energia vitale, ed è solo la lotta contro le „comodità“ che porta a una nuova vita!
Per Ildegarda l'arte di curare il proprio corpo è parallela alla cura dell'anima ed è frutto di una costante ricerca del senso del dolore e della morte. La medicina è vista come terapia per avvicinarsi a Dio e la debolezza, la mancanza di energia, sono direttamente proporzionali alla mancanza o all'affievolimento della fede.
Secondo questa concezione la malattia offre la possibilità di cambiare completamente la propria vita, di eliminare le „dipendenze“ per diventare un uomo nuovo.
Dio non aiuta l'uomo eliminando la malattia o la morte ma attraverso il suo cambiamento, la sua conversione a uno stile di vita nuovo che da solo impedisce alla malattia di intaccarlo.
Il libro completo è uscito dalle MACRO EDIZIONI
ISBN 88-7507-502-b
Indice
Presentazione
Prefazione
Parte Prima: Il cavolo
1.Il cavolo nella storia
2.Le componenti del cavolo: azione terapeutica e reazioni nel corpo
3.Come usare il cavolo
Parte Seconda: Altre cure alternative
1.Il Qi Gong
2.Guarire con le pietre
3.I Mudra
4.La „Cura dell'olio di semi di girasole“ e la sua straordinaria azione terapeutica
5.Aceto di mele
6.La respirazione
10.Argilla
11.Idroterapia
12.Il miele
Parte Terza: Alimentazione
13.Benessere per mezzo di un'alimentazione sana
14.Dieta
I germogli una fonte di energia di notevole valore
Il müsli
Parte Quarta: Consigli curativi
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Tag der Veröffentlichung: 30.08.2009
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